Eccovi TUTTA la parafrasi del primo canto dell'Orlando Furioso Show 1 2
3 4 vi farò udire se mi presterete ascolto; 5 Orlando, che per tanto tempo era stato innamorato della bella Angelica e per lei in India, in Oriente, aveva lasciato trofei immortali ed in numero infinito, era tornato infine con la donna amata in Occidente dove, sotto gli alti monti Pirenei, con i Francesi ed i Tedeschi, il re Carlo si era insediato in campo aperto 6 perché il re Marsilio ed il re Agramante si pentissero ancora una volte delle loro folli azioni; Agramante per avere condotto dall'Africa tante persone quanto erano in grado di portare spada e lancia, Marsilio per avere condotto la Spagna nella distruzione del bel regno di Francia. E così Orlando arrivò sul posto al momento giusto, ma subito si pentì di esservi giunto. 7 Gli anche fu tolta la donna che amava: ecco come il giudizio umano spesso sbaglia! La donna che dalle coste Orientali a quelle Occidentali aveva difeso con una tanto lunga guerra, ora gli viene tolta tra tanti suoi amici, senza che sia adoperata spada alcuna, sulla sua terra. Il saggio imperatore, con la volontà di estinguere un grave incendio (pericolosa contesa d'amore), fu a togliergliela. 8 Pochi giorni prima era infatti iniziato un conflitto tra il conte Orlando e suo cugino Rinaldo, poiché entrambi, per la rara bellezza di Angelica, avevano l'animo infiammato dal desiderio amoroso. Carlo non vedeva di buon occhio tale lite, che poteva mettere in dubbio il loro aiuto, questa fanciulla (Angelica), che ne era la causa, prese e consegno nelle mani del duca Namo di Baviera; 9 promettendola in premio a chi dei due, nell'imminente conflitto, in quella battaglia campale, avesse ucciso il maggior numero di infedeli, e con la sua mano avesse quindi reso maggior servizio. Gli eventi fecero però venire meno le promesse; perché i cristiani dovettero ritirarsi, insieme a molti altri, il duca Namo fu fatto prigioniero e la sua tenda rimase vuota (Angelica rimase incustodita). 10 Rimasta sola nella tenda, la donzella, che avrebbe dovuto essere la ricompensa del vincitore, visto l'andamento degli eventi, salì in sella ad un cavallo e ad momento opportuno scappò, avuto presagio che, quel giorno, avversa alla fede cristiana sarebbe stata la fortuna. Entrò in un bosco e per lo stretto sentiero incontrò un cavaliere che avanzava a piedi. 11 Con addosso la corazza, in testa l'elmo, al fianco la spada ed al braccio lo scudo, correva per la foresta più rapidamente di un contadino poco vestito in una gara di corsa. Una timida pastorella mai così rapidamente sottrasse il piede dal morso di un serpente letale, quanto rapidamente Angelica tirò le redini per cambiare direzione non appena si accorse del guerriero che sopraggiungeva a piedi. 12 Era questo guerriero (Rinaldo) quel paladino, figlio di Amone, signore di Montauban, al quale poco prima il proprio destriero per uno strano caso era fuggito di mano. Non appena posò lo sguardo sulla donna, riconobbe, nonostante fosse lontana, l'angelica figura ed il bel volto che lo avevano fatto prigioniero delle reti dell'amore. 13 La donna volta indietro il cavallo e per il bosco lo lancia in corsa a briglia sciolta; più per la rada (sgombra) che per la fitta boscaglia non va cercando la via migliore e più sicura, perché pallida, tremante, e fuori di sé, lascia che sia il cavallo a frasi strada da solo. L'animale da ogni parte, nell'inospitale foresta, tanto vagò che infine giunse alla riva di un fiume. 14 In riva al fiume trovò Ferraù tutto impolverato e sudato. Poco prima lo aveva tolto dalla battaglia una grande desiderio di bere di riposarsi; e poi, contro la sua volontà, lì si dovette fermare , perché, nella fretta di bere, lasciò cadere nel fiume il proprio elmo ed ancora non era riuscito a ritrovarlo. 15 Sopraggiunse, gridando quanto più poteva la donzella spaventata. Udita la voce, il Saracino salta sulla riva la guarda attentamente in viso e subito riconosce che chi sta arrivando arriva al fiume, nonostante fosse pallida e turbata dalla paura e fossero passati più giorni dall'ultima volta che ne ebbe notizia, era senza dubbio la bella Angelica. 16 Essendo di indole gentile e forse avendo anche l'animo infiammato non meno dei due cugini, porse a lei tutto l'aiuto che era in grado di dare, come se avesse riavuto l'elmo, temerario e spavaldo: sguainò la spada e corse minaccioso verso Rinaldo, che in realtà non era per niente intimorito da lui. Più volte si era già non solo visti ma anche scontrati con le armi. 17 Cominciò lì una battaglia crudele, a piedi, come si trovavano entrambi, con le spade sguainate, Non solo le piastre della corazza e la maglia di ferro ma neanche gli scudi reggevano ai loro colpi. Ora, mentre l'uno si occupa affannosamente dell'altro, il destriero di Angelica è costretto ad affrettare il passo, perché con quanta forza riesce a spronarlo, la donna lo spinge a correre per il bosco e l'aperta campagna. 18 Dopo che si furono affaticati invano i due cavalieri nel tentativo ognuno di fare soccombere l'altro, in quanto, con la spada in mano, non meno istruito, capace, era l'uno dell'altro; fu per primo il signore di Montauban a rivolgersi al cavaliere spagnolo, così come colui ha in petto, nel cuore, tanto fuoco che lo fa ardere tutto senza trovare pace. 19 Disse al pagano: "Avrai creduto me solo di ferire quando invece ferisci anche te stesso, se questo accade perché la sfavillante bellezza di Angelica ha acceso d'amore anche il tuo petto, che cosa guadagni facendomi perdere tempo qui? Che anche se tu mi catturi o mi uccidi non riuscirai a fare tua la bella donna, da momento che, mentre noi ci attardiamo, lei scappa via. 20 Quanto sarebbe meglio, poiché ancora la ami, che tu le vada invece ad incrociarne la strada a trattenerla e farla fermare, prima che ancora più lontano scappi! Appena ne avremo il possesso, allora a chi dei due avrà appartenere verrà poi deciso con la spada: non so altrimenti, dopo una lungo e faticoso combattimento, cosa riusciamo ad ottenere se non un danno." 21 Al pagano (Ferraù) la proposta piacque: così il duello fu rimandato e la tregua proposta fu subito fra loro attuata; tanto l'odio e l'ira vengono dimenticati, che il pagano nel partire dalle fresche acque del fiume non lasciò a piedi il buon figlio di Amone: lo preghiere lo invita ed alla fine lo fa montare a cavallo ed all'inseguimento di Angelica galoppa. 22 Oh bontà dei cavalieri antichi! Erano rivali, parlavano una diversa lingua, si sentivano dei duri colpi crudeli ancora dolere tutto il corpo; eppure per boschi oscuri e sentieri tortuosi vanno insieme senza temersi tra loro. Da quattro speroni punto, il destriero arriva ad un bivio. 23 E come quelli che non sapevano se l'una l'altra via avesse imboccato la donzella (poiché senza alcuna differenza, su entrambi i sentieri l'impronta appariva fresca, recente) misero la propria sorte nelle mani della fortuna. Rinaldo per questo sentiero, il saracino per quello. Per il bosco Ferraù molto s'aggirò ad alla fine si ritrovò al punto di partenza. 24 Viene a ritrovarsi infine ancora sulla riva del fiume, là dove l'elmo gli cascò dalla testa tra le onde. Poiché non ha più speranze di ritrovare la donna, per riavere l'elmo che il fiume gli nasconde, dalla parte dove gli era caduto scende fino alle estreme umide sponde: ma l'elmo era così ben nascosto nella sabbia che dovrà operare molto prima di poterlo riavere. 25 Con un lungo ramo d'albero ripulito da rami e foglie, con il quale si era costruito una lunga pertica, sonda il fiume e cerca fino sul fondo, battendo e pungendo con la punto in tutti i punti del fiume. Mentre con un enorme risentimento, stizza, prolunga oltre la sua permanenza in quel luogo, vede in mezzo il fiume un cavaliere uscire dall'acqua fino al petto, di aspetto fiero. 26 Era, ad eccezione della testa, completamente armato, ed aveva una elmo nella mano destra: aveva in particolare lo stesso elmo che aveva cercato Ferraù invano per così tanto tempo. Il cavaliere si rivolse a Ferraù in tono adirato, disse: "Ah traditore che non mantiene la parola data! Perché ti dispiace anche di abbandonare l'elmo, che invece mi avresti dovuto rendere già da tanto tempo? 27 Ricordati, pagano, di quanto hai ucciso il fratello di Angelico, sono io quello (Argalia), insieme alle altre armi tu mi promettesti di gettare entro pochi giorni anche il mio elmo. Ora, se la fortuna (quello che non hai voluto fare tu) ha poi voluto che si realizzasse il mio volere, non ti devi dispiacere; e se anzi ti devi dispiacere, devi solo dispiacerti di non avere mantenuto la parola data. 28 Ma se desideri ancora un buon elmo, trovane un altro e portalo con te con più onore; uno di buona fattura lo porta il paladino Orlando, un altro Rinaldo, forse anche migliore di quello d'Orlando: prima uno apparteneva ad Almonte e l'altro a Mambrino: conquistane uno dei due con il tuo valore, questo invece, che avevi già promesso di lasciarmi, farai bene a lasciarmelo effettivamente." 29 Non appena, all'improvviso, appare dall'acqua il fantasma, si rizzo ogni pelo del Saracino ed il viso gli si fece scolorito; la voce gli si strozzò in gola. Udendo poi da Argalia, che ucciso lui aveva (perché Argalia si chiamava), rimproverare a sé stesso di non aver mantenuto la parola data, di scocciatura e di ira si accese tutto, dentro e fuori. 30 Non avendo tempo per cercare una altra scusa, sapendo benissimo che Argalia diceva il vero, Ferraù rimase a bozza chiusa, senza controbattere; ma il suo cuore fu talmente trafitto dalla vergogna, che giurò sulla vita di sua madre (Lanfusa) non volere indossare più nessun altro elmo se non quello di buona fattura che nell'Aspromonte Orlando levò dal capo di Almonte (dopo averlo ucciso). 31 E mantenne questo giuramento meglio di quanto non aveva fatto con quell'altro prima. Ripartì dal fiume con tanto malcontento che per molti successivi giorni si tormentò e consumò. Ha voglia solo di cercare il Paladino (Orlando) in ogni luogo dove ritiene possa trovarlo. Avventura diversa accadde al valoroso Rinaldo che si incamminò su sentieri diversi da quelli percorsi da costui. 32 Rinaldo non fa molta strada che vede comparire davanti a sé il proprio focoso destriero: "Fermati, Boiardo mio, dai, arresta il galoppo! Perché stare senza di te è per me troppo pericoloso." Non per questo il cavallo, sordo ai richiami, torna da lui, anzi si allontana veloce sempre di più. Rinaldo lo segue, tormentandosi d'ira: ma seguiamo ora Angelica in fuga. 33 Fugge tra spaventosi ed oscuri boschi, per luoghi inabitati, selvaggi e solitari. Il rumore provocato dal movimento dei rami e dalla vegetazione di querce, olmi e faggi, che Angelica sentiva, causa le improvvise paure, le avevano fatto intraprendere insoliti sentieri da ogni parte; perché ogni ombra che vedeva sui monti o nelle valli, le facevano temere di avere ancora alle spalle Rinaldo. 34 Come un cucciolo di daino o capriolo, che tra i rami del boschetto nel quale è nato abbia visto la gola della madre dal morso del leopardo stretta, o che le squarcia il petto od il fianco, scappa dall'animale crudele di bosco in bosco e trema per la paura e per il sospetto della sua presenza: per ogni cespuglio che tocca al proprio passaggio crede di essere già già in bocca alla belva crudele. 35 Quel giorno, la stessa notte e per metà del giorno seguente vagò senza sapere dove stesse andando. Venne a trovarsi infine in un boschetto leggiadro, mosso delicatamente da un vento fresco. Due ruscelli trasparenti, riempiendo l'aria del loro gorgoglio, consentono la presenza sempre dell'erba e la sua crescita; e rendevano piacevole da ascoltare il concerto, interrotto solo tra piccoli sassi, del loro scorrere lento. 36 Qui, credendo di essere al sicuro e lontana mille miglia da Rinaldo, per lo stancante tragitto ed il caldo estivo decide di riposare per un po' tempo: scende da cavallo tra i fiori e lascia andare a nutrirsi, senza briglia, libero, il proprio destriero; l'animale vaga quindi nei dintorni dei ruscelli, che avevano piene le rive di fresca erba. 37 Non lontano da sé Angelica scorge un bel cespuglio, fiorito di susine e di rose rosse, che si specchia nelle onde limpide dei ruscelli ed è riparato dal sole dalle alte querce ombrose; vuoto nel mezzo, così da concedere fresco giaciglio tra le ombre più nascoste: le sue foglie ed i suoi rami sono talmente intrecciati che non passa il sole, e nemmeno la vista dell'uomo, meno penetrante. 38 L'erbetta morbida crea un letto all'interno del cespuglio, invitando a stendersi sopra chi vi giunge. La bella donna si mette in mezzo al cespuglio, lì si corica e quindi si addormenta. Ma non rimane lì addormentata molto tempo, che le sembra di sentire avvicinarsi un rumore di calpestio: si solleva piano piano e presso la riva di un ruscello vede essere giunto un cavaliere armato. 39 Angelica non riesce a capire se gli è amico o nemico: il timore e la speranza le scuotono il suo cuore dubbioso; attende che quella avventura giunga ad un termine senza emettere neanche un solo sospiro. Il cavaliere si siede in riva al ruscello reggendosi la testa con un braccio; e viene tanto rapito dai propri pensieri, al punto che, immobile, sembra essersi mutato in insensibile pietra. 40 Assorto dai propri pensieri, con il capo basso, per più di un'ora stette, cardinale Ippolito, il cavaliere abbattuto; dopo di ché cominciò con un lamento afflitto e dolente a lamentarsi in modo tanto struggente, che avrebbe infranto un sasso per pietà, una crudele tigre fatta misericordiosa. Piangeva tra i sospiri, tanto che un ruscello sembrava scorrergli sulle guance ed il petto un vulcano infuocato. 41 Diceva: "Pensiero che mi ghiaccia ed arde il cuore, e causa il dolore che sempre lo consuma, che ci posso fare se sono giunto tardi ed altri, arrivati prima, avevano già colto il frutto (Angelica)? Ho ricevuto a stento suoi sguardi e parole, altri hanno invece ricevuto tutto il ricco bottino. Se a me non spettano né il frutto né il fiore, perché per lei voglio ancora tormentare il mio cuore? 42 La vergine è simile ad una rosa, che in un bel giardino, sul rovo che l'ha generata, si riposa finché è sola ed al sicuro, e né gregge né pastore le si avvicinano; la brezza delicata e la rugiada del mattino, l'acqua e la terra si inchinano davanti al suo fascino: giovani amanti e donne innamorate amano ornarsi il collo e la testa lei, la rosa. 43 Ma non appena dallo stelo materno e dal ceppo verde del cespuglio viene staccata, quanto aveva per gli uomini e per il cielo fascino, grazia e bellezza, tutto perde. La vergine che il proprio fiore, del quale deve avere cura più che dei propri begli occhi e della propria vita, lascia cogliere ad altra persona, perde l'ammirazione che poco prima aveva nel cuore di tutti i propri amanti. 44 Diviene di scarso valore agli occhi degli altri, ed amata solo da colui al quale fece così grande dono di sé. Ah, fortuna crudele, fortuna ingiusta! Gli altri godono mentre io muoio di stenti. Non potrebbe allora essermi lei meno cara? Non potrei forse abbandonare la mia propria vita? Ah, che io muoia oggi stesso piuttosto che vivere più a lungo, se non dovessi amare lei!" 45 Se qualcuno mi domandasse chi sia questo cavaliere, che versa così tanta lacrime sopra il torrente, io risponderò che lui è il re di Circassia, Sacripante, tormentato dall'amore; dirò ancora che della sua pena, grave da sopportare, la prima e sola causa è l'amare una donna, ed è proprio uno degli amanti di Angelica: è subito fu infatti da lei riconosciuto. 46 In Occidente, dove il sole tramonta, per amore di lei era giunto dal confine estremo dell'Oriente; appena, in India, venne a conoscenza, con suo grande dolore, che lei aveva seguito Orlando in occidente: poi seppe, giunto in Francia, che l'imperatore l'aveva allontanata dalle altre persone, con l'intento di darla a chi dei due, contro gli arabi, avesse meglio aiutato la Francia. 47 Era stato sul campo di combattimento ed aveva intravisto la crudele confitta che di lì a poco avrebbe subito re Carlo: cercò tracce della bella Angelica, ma non era ancora riuscito a trovarne. Questa è dunque la triste e dolorosa vicenda che lo fa penare per il male d'amore, lo fa affliggere, lamentare, e dire parole che potrebbe fare fermare il sole per pietà nei suoi confronti. 48 Mentre Sacripante in tale modo si affligge e soffre, rende i suoi occhi una tiepida fonte di lacrime, e pronuncia queste e molte altre parole, che non mi sembra necessario siano raccontate; la sua buona sorte vuole che dalle orecchie di Angelica siano conosciute: e così accadde in un'ora, in un solo momento, quello che il mille anni, od anche mai, può succedere. 49 Con molta attenzione Angelica, presa ascolto al pianto, alle parole, ai gesti di colui che di amarla si affaccenda molto; e non è una scoperta di questo giorno: ma, dura e fredda più di una colonna, non si degna di avere pietà di lui, come colei che snobba tutto il mondo e pensa non esista persona alcuna degna di lei. 50 Solo il fatto di trovarsi sola tra quei boschi le fa pensare di prendere il cavaliere come guida; perché chi sta nell'acqua fino alla gola, annegando, sarebbe molto ostinato se non chiedesse aiuto. Se questa occasione ora le sfugge, non potrà poi mai più trovare una scorta più fidata; poiché già in precedenza aveva sperimentato a lungo quel re, fedele più di qualunque altro suo amante. 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71
72 73 74 Il destriero risponde al tentativo con i muscoli posteriori, girandosi velocemente come un fulmine; ma non arriva a colpire là dove aveva indirizzato i calci: povero il cavaliere se avesse colpito in pieno! Poiché il cavallo aveva una tale forza nel calciare da riuscire a spezzare anche una montagna di metallo. 75 Poi va invece mansueto dalla donzella con fare umile ed atteggiamento docile, così come il cane è solito saltellare introno al proprio padrone, dopo essere da lui stato lontano per due o tre giorni. Boiardo si ricordava ancora di lei, che in Albracca lo aveva accudito e governato personalmente, nel periodo in cui Angelica tanto amava Rinaldo, che invece si mostrava allora crudele ed insensibile. 76 Angelica impugna con la mano sinistra la briglia del cavallo, accarezzandone con la destra il collo ed il petto; quel destriero, dotato di ottima intelligenza, nei confronti di lei si dimostra mansueto come un agnello. Nel frattempo Sacripante coglie l'attimo favorevole: monta Boiardo, lo sprona tendendolo a freno nello stesso tempo. Angelica abbandona quindi la groppa del suo ronzino ora alleggerito, e si rimette quindi, più comoda, in sella. 77 Poi, posando intorno a se lo sguardo, vede sopraggiungere di corsa un possente guerriero a piedi. Angelica si accende d'ira e di disappunto; riconosce infatti in lui Rinaldo. Più dalla propria vita lui la ama e desidera: lei lo odia e lo evita più di quanto faccia la gru con un falcone. Prima accadde che lui odiasse lei più della morte; lei amò invece lui: ora la propria sorte hanno invertito. 78 Ciò è stato causato da due fontane che rilasciano liquidi che producono effetti contrari, entrambe si trovano nelle Ardenne, poco distanti tra loro: l'una riempie il cuore di desiderio d'amore; chi beve dall'altra viene invece privato dell'amore, e tramuta in ghiaccio il proprio ardore iniziale. Rinaldo assaporò un liquido e si tormenta ora d'amore; Angelica dall'altra ed ora lo odia e fugge da lui. 79 80
81 E qua in fondo il riassunto del Canto Rinaldo, anch'egli innamorato di Angelica, giunge anche lui sul posto ed entra subito in conflitto con Orlando. Carlo Magno è quindi costretto, per porre fine al conflitto amoroso, ad affidare la bella donna a Namo di Baviera, promettendola quindi in dono a chi dei due duellanti risulterà il più valoroso nella imminente battaglia contro i saraceni. Inoltratasi in un bosco, incontra Rinaldo che avanza correndo, avendo in precedenza perduto il proprio cavallo. Angelica impaurita, cambia prontamente direzione e fugge al cavaliere. Giunta sulla riva di un fiume incontra quindi il saraceno Ferraù che, spinto da un grande desiderio di dissetarsi e di
riposarsi, si era allontanato dal campo di battaglia. Nel gesto di bere aveva però perduto il proprio elmo e si si era quindi poi dovuto fermare oltre per cercarlo. Dopo diverse vicissitudini, Ferraù si ritrova infine nuovamente al fiume e si rimette a cercare l'emo. Dalle acqua vede comparire Argalia, cavaliere ucciso da Ferrù, che lo rimprovera per non avere mantenuto, se non per caso (con la perdita dell'elmo), la promessa data di gettare le sue armi. Poco dopo aver lasciato Ferraù Rinaldo vede ricomparire il suo cavallo Baiardo. Cerca di richiamarlo a se ma il cavallo si allontana. Temendo di avere ancora alle spalle Rinaldo, Angelica prosegue nella sua fuga fino a giungere il giorno dopo presso un ruscelletto presso il quale decide di riposarsi,
nascosta in un cespuglio. Ma proprio mentre Sacripante è deciso ad approfittare egli stesso della situazione, compare un cavaliere misterioso completamente vestito di bianco che lo interrompe. Arriva in quel momento anche un messaggero lanciato all'inseguimento del cavaliere bianco e in cambia delle informazioni ricevute circa la direzione da prendere, annuncia a Sacripante che a disarcionarlo è stata una donna, Bradamante. Sacripante ed Angelica montano quindi sul cavallo di Angelica e si allontanano. Percorsa poca strada incontrano Baiardo, che, dopo aver allontanato Scaripante, viene avvicinato da Angelica e si lascia quindi montare dal cavaliere. Sopraggiunge infine Rinaldo a piedi. Rinaldo ama con tutto se stesso Angelica, tanto quanto lei lo odia. In passato i sentimenti dei due erano esattamanete il contrario, è stata una fontana fatata ad invertire la situazione. In che cosa consiste l'ironia di Ariosto?L'Ironia è uno strumento, per Ariosto, atto a raggiungere un equilibrio tra verità e menzogna: l'ironia è demitizzare quello che era ritenuto alto.
Come alla donna egli drizzò lo sguardo?Come alla donna egli drizzò lo sguardo, riconobbe, quantunque di lontano, l'angelico sembiante e quel bel volto ch'all'amorose reti il tenea involto.
Quante ottave ha il primo canto Dell'Orlando Furioso?Il primo canto del poema cavalleresco di Ludovico Ariosto, l'Orlando furioso, introduce le linee fondamentali della vicenda e presentando, nel Proemio (ottave 1-4), i temi e i dedicatari dell'opera.
Chi è l ispiratrice del poema L'Orlando Furioso?Eppure l'opera più celebre di Ariosto, il Furioso, appunto, sostituisce la classica invocazione alla Musa della poesia, perché assista il poeta nella sua impresa, con l'invocazione alla donna amata, una donna concreta, Alessandra Benucci, pur non indicando il suo nome.
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