Con la sentenza 2860 del 9 febbraio, la Corte di cassazione ha affermato il principio che è legittimo il contratto con cui si prevede, verso compenso, che la cessione dello studio del professionista comprende, non solo i beni strumentali, ma anche il portafoglio clienti del professionista. Cosicché, la cessione dello studio del commercialista va intesa "all inclusive", al pari - pur con le sue specificità - di una vera e propria cessione d'azienda. La controversia Diversa, invece, la lettura fornita in seconde cure, in cui la Corte d'appello ha ritenuto che nel contratto potessero rientrare beni materiali e immateriali, compreso l'avviamento, la cessione del contratto di locazione, nonché la continuazione della collaborazione con un praticante dello studio ceduto. L'oggetto del contratto de quo doveva pertanto considerarsi "possibile" e "lecito". Tale conclusione, argomentando che l'oggetto del regolamento pattizio non era direttamente la clientela ma il complesso unitario organizzato di beni idoneo a produrre reddito. La sentenza della Corte territoriale viene opposta in forza di tre motivi, con i quali il soccombente sostiene ex adverso che non rientra nell'autonomia delle parti
private di disporre della clientela di uno studio professionale e che non sarebbe stata idoneamente circoscritta la consistenza dell'avviamento, considerato come elemento dello studio professionale ceduto, distinto dalla clientela. Il giudizio di Cassazione Tuttavia, dall'esplorazione della normativa in evoluzione, da ultimo l'articolo 2 del Dl 223/2006 che - in conformità al principio comunitario di libera concorrenza e a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato - vieta di fornire
all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di professionisti, si perviene alla differente conclusione che il tradizionale divario tra azienda e studio professionale si va notevolmente assottigliando. Peraltro, anche nei casi in cui non sia configurabile una prevalenza dell'organizzazione e la persona del professionista rimanga predominante, il contratto è regolarmente stipulato in base
al principio dell'autonomia negoziale (articolo 1322 cc), con cui un soggetto dietro corrispettivo ceda a terzi l'attività. Di qui, la similitudine tra cessione di azienda e di studio. Tale approdo, perché il professionista cede per via indiretta "la clientela" al professionista che subentra, nel senso che verso quest'ultimo si assume a tal fine un obbligo di fare (attraverso una corretta attività di promozione e canalizzazione) e uno negativo di non fare (come il divieto di riprendere a
esercitare la stessa attività nello stesso luogo), volti a consentire al successore che ne abbia le qualità di mantenere la clientela del suo predecessore, previo conferimento di un nuovo incarico. Nella sentenza 2860/2010, il giudice di legittimità precisa però che, atteso il rapporto "fiduciario", saranno gli utenti stessi a decidere se servirsi delle competenze del professionista che subentra al precedente fiscalista, la cui capacità operativa può essere assicurata dal fatto di
essere dotati di un particolare know how. Osservazioni conclusive Con riguardo al sottostante rapporto di lavoro dipendente nel trasferimento di azienda, è interessante anche richiamare la pronuncia 6208/1987, laddove la sezione lavoro della Cassazione ha affermato che, sebbene gli studi professionali non possano essere normalmente equiparati a un'azienda, essendo in essi prevalente l'attività personale dei titolari, ai medesimi, quando impieghino personale dipendente, è tuttavia applicabile, in forza dell'articolo 2238, capoverso, cc, l'articolo 2112, secondo cui, nel caso di trasferimento dell'azienda, il contratto di lavoro, salva tempestiva disdetta, continua con l'acquirente e il prestatore d'opera conserva i diritti derivanti dall'anzianità pregressa; pertanto, concernendo quest'ultima norma tutte le ipotesi di trasferimento della titolarità dell'impresa, qualunque sia il mezzo tecnico attraverso il quale sia stato attuato il trasferimento, il principio della continuità del rapporto di lavoro dell'ausiliario opera anche nel caso di successione nella titolarità del suddetto studio da parte di altro professionista. Si osserva infine, sul piano normativo fiscale, che la cessione della clientela ("avviamento intellettuale"), nonché degli altri elementi immateriali nell'ambito dell'espletamento dell'attività di lavoro autonomo, artistico o professionale, non ha trovato espressa regolamentazione da parte del legislatore prima delle modifiche introdotte all'articolo 54 del Dpr 917/1986, nel quale è stato inserito - dall'articolo 36, comma 29, lettera a), del Dl 223/2006 - il nuovo comma 1-quater, avente effetto dal 4 luglio 2006. Così, tra i proventi che concorrono a formare il reddito professionale assumono ora rilevanza anche i corrispettivi conseguiti a seguito della cessione, parziale o totale, del pacchetto clienti, ovvero di elementi immateriali, comunque riferibili all'attività artistica o professionale. La tassazione di tali corrispettivi avviene in forma separata ex articolo 36, comma 29, lettera b), Dl 223/2006 (che ha introdotto la nuova lettera g-ter)
al comma 1 dell'articolo 17 del Tuir), qualora il percepimento avvenga in una sola soluzione, salvo opzione per la tassazione ordinaria (cfr circolare 11/2007). Da ultimo si osserva che, nel previgente regime, le sezioni unite della Cassazione (sentenza 1889/1967) avevano stabilito che non è titolare di azienda il soggetto che esercita uno studio professionale e che, quindi, il trasferimento o la cessione dello studio in parola non può originare un valore di avviamento e l'alienante non può essere sottoposto all'imposta di ricchezza mobile (ora abolita). |