Quanto tempo ci vuole per smaltire psicofarmaci

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La maggior parte delle reazioni di interruzione degli antidepressivi sono di breve durata e si risolvono spontaneamente tra 1 giorno e 3 settimane dopo l'insorgenza, la media è di 5 giorni. Sono segnalati casi molto rari che indicano una durata di sintomi, più o meno intensi, per alcuni mesi.

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Di conseguenza,, quanto dura l'effetto del cortisone sulla glicemia?

Metilprednisolone e prednisone, corticosteroidi ad azione intermedia, causano iperglicemia prevalentemente nelle 4-12 ore successive. iperglicemico tra l'ottava e la decima ora e un effetto che può durare oltre le 24 ore. 30 set 2017 Quali farmaci alterano le analisi del sangue? Farmaci antibiotici e chemioterapici da almeno 4 settimane; Farmaci antiacidi da almeno 15 giorni; Farmaci inibitori di pompa protonica la cui molecola può essere omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo, esomeprazolo, rabeprazolo e ranitidina da almeno dieci giorni.

Cosa può alterare gli esami del sangue?

L'ansia, la febbre, lo stress eccessivo, il vomito, la diarrea, un trauma recente e tutte le altre condizioni che si discostano dalla normalità possono alterare i parametri ematici; come tali, dovrebbero quindi essere preventivamente comunicate all'infermiere al momento dell'esame. Cosa bere prima delle analisi del sangue? Si può bere acqua anche cinque minuti prima del prelievo! A differenza degli alimenti solidi, bere moderatamente e soltanto acqua (non thé, caffe o altre bevande), non modifica ne altera il metabolismo e quindi non c'è alcun rischio di falsificare gli esami del sangue.

Di conseguenza,, come smettere con olanzapina?

Se il trattamento con olanzapina viene interrotto bruscamente, potrebbero insorgere i cosiddetti sintomi da sospensione. Tali sintomi sono sudorazione, insonnia, tremore, ansia, nausea e vomito. Perciò, la terapia non deve essere interrotta in maniera brusca, ma gradualmente.

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Sospendere gli psicofarmaci con cautela

Sospendere gli psicofarmaci con cautela

La sospensione di un trattamento a lungo termine con psicofarmaci presenta rischi importanti sia sul piano clinico sia scientifico. È noto che la mancanza di cure, come anche un’aderenza irregolare alle terapie, può portare a un aumento dei sintomi della malattia e che la sospensione di una regolare

assunzione di farmaci può portare a ricadute o recidive importanti e può persino essere, in alcuni casi, pericolosa per la vita dei pazienti. Tuttavia, non è altrettanto riconosciuto il fatto che l’interruzione di una terapia non sia da equiparare a un’assenza di trattamento di una malattia. La sospensione di un farmaco, cioè, sembra rappresentare una forma di stress che può contribuire a recidive di malattia (talvolta gravi e difficili da curare) che si verificano molto prima di quanto ci si aspetterebbe dal corso naturale della malattia non trattata. Questo tipo di reazione è stata ben dimostrata nelle ricerche che abbiamo condotto, e coinvolge i farmaci antidepressivi, antipsicotici e alcuni stabilizzanti dell’umore. Il rischio è chiaramente molto più alto se il farmaco viene sospeso bruscamente o anche se l’abbassamento delle dosi avviene nell’arco di qualche giorno, rispetto a una riduzione graduale nell’arco di almeno diverse settimane, quando questo è possibile.

Non è esattamente chiaro come avvengono tali reazioni. Tuttavia, sembra che un trattamento a lungo termine con psicofarmaci (ma anche con altri tipi di farmaci) possa indurre cambiamenti o adattamenti del cervello e del corpo agli stati di modificazione dei vari organi o sistemi. Alcuni di questi adattamenti sono stati evidenziati in studi su animali da laboratorio, e possono includere, ad

esempio, cambiamenti nella sensibilità dei sistemi di trasmissione chimici che portano le informazioni tra le cellule nervose nel cervello.

Un’interruzione improvvisa di un farmaco non lascia tempo per riaggiustamenti che riportino il sistema allo stato iniziale ed evidentemente può portare a effetti stressanti che si presentano come

aumento del rischio di ritorno anticipato della malattia da trattare. Questo tipo di reazione non è una manifestazione di dipendenza fisiologica, tipica dell’abuso di alcol o di stupefacenti come l’eroina, e non si presenta come una reazione fisica da sospensione come può verificarsi con tali sostanze oppure in seguito a interruzione improvvisa di alcuni sedativi. Infatti, non vi è alcuna prova che la malattia dopo sospensione di uno psicofarmaco differisca dalla condizione che ha portato al trattamento iniziale.

Non solo tali reazioni a sospensione da farmaci hanno importanti implicazioni cliniche per i pazienti,ma ne hanno altrettanto significative in funzione di una sicura e razionale progettazione e di un’interpretazione delle ricerche finalizzate alla sperimentazione per gli effetti benefici del trattamento a lungo termine con molti tipi di farmaci. Tali studi spesso seguono un disegno che include un trattamento di patologie acute fino al punto di una sua remissione, e quindi una divisione casuale dei pazienti abitualmente in due gruppi: uno che continua e l’altro che interrompe il trattamento (ma continua a prendere un farmaco inattivo, il placebo) che era risultato efficace nella prima fase. Si è tentati di attribuire le differenze nell’evoluzione della malattia che può seguire interamente all’assenza di trattamento, oppure come la ripresa dei sintomi della malattia non trattata. Invece, quando il cambiamento dal farmaco al placebo avviene improvvisamente o rapidamente, sembra che tali conclusioni siano ingiustificate, e che alcune delle differenze si spiegano con lo stress associato alla rimozione del farmaco. Un confronto più giusto sarebbe fra un gruppo in trattamento continuo e un altro in cui la terapia viene rimossa gradualmente o molto lentamente, cosa che produce di solito differenze meno evidenti di quelle che emergono tra un trattamento continuo rispetto a uno interrotto rapidamente.

Il metodo più efficace conosciuto di ridurre di molto o addirittura eliminare tali rischi aggiuntivi in entrambi i trattamenti clinici o negli studi di ricerca è, quindi, quello di abbassare le dosi lentamente nel tempo, in modo da permettere al corpo di adattarsi gradualmente allo stato precedente alle terapie. I tempi precisi richiesti non sono ancora chiari,ma per molti farmaci sembrano necessarie almeno diverse settimane. Esistono anche prove che il tasso di rimozione di molti farmaci dipende da ciò che i farmacologi chiamano“emivita di eliminazione”, cioè il tempo necessario ai processi chimici del corpo per rimuovere la metà della dose del farmaco assunto. Per esempio, interrompere un farmaco con lunga durata d’azione come l’antidepressivo Fluoxetina (Prozac©), anche rapidamente, sembra essere meno rischioso della rimozione di altri antidepressivi a più breve durata d’azione, come la Paroxetina (Paxil©). Allo stesso modo sospendere farmaci antipsicotici a lunga durata d’azione, abitualmente iniettabili, è molto meno rischioso nel corso del tempo che sospendere improvvisamente molti farmaci antipsicotici per bocca a breve durata d’azione.

L’aspetto pratico di queste osservazioni è che la sospensione di molti tipi di trattamenti in corso con farmaci usati in psichiatria o in medicina generale non è né semplice né sicuro. L’interruzione improvvisa o rapida può notevolmente aumentare il rischio di ricadute o recidive precoci della malattia, che spesso comportano gravi episodi non sempre facili da trattare nuovamente. In alcuni

casi, un ritorno precoce di una malattia grave può essere associata alla necessità di ricovero o può aumentare il rischio di comportamenti suicidari. Inoltre, la ricerca che comporta la sospensione di un trattamento può esagerare il beneficio apparente di una terapia in corso e rendere difficile l’elaborazione di valutazioni eque sull’effetto del trattamento. Questi problemi sono ulteriormente complicati dalla decisione dei pazienti di interrompere o sospendere il trattamento, spesso senza consultare un medico e talvolta, purtroppo, da un giorno all’altro. Tali decisioni possono essere comprensibili dato che la sospensione di molti trattamenti comporta un sollievo temporaneo da possibili e spiacevoli effetti collaterali. Tuttavia, i rischi, anche se non immediati, possono essere importanti e pericolosi.

Ross J. Baldessarini,MD

Leonardo Tondo,MD,MS

Harvard Medical School

Centro Lucio Bini, Cagliari-Roma

Molti articoli hanno dimostrato che la sospensione di trattamenti psicofarmacologici può portare a una ripresa del disturbo, oppure a nuove ricadute. Il fenomeno è stato studiato e dimostrato dal nostro gruppo di ricerca per i farmaci antidepressivi, per quelli antipsicotici e per i sali di litio nel disturbo bipolare dell’umore. Il risultato di maggiore interesse pratico è che una sospensione rapida di qualsiasi farmaco assunto per periodi relativamente lunghi può portare a una ricaduta più precoce rispetto a una diminuzione graduale fino all’interruzione del trattamento. Alcuni articoli che trattano il tema sono elencati qui sotto:

Suppes T, Baldessarini RJ, Faedda GL,Tohen M. Risk of recurrence following discontinuation of lithium treatment in bipolar disorder. Arch Gen Psychiatry. 1991; 48: 1082–1088.

Faedda GL,Tondo L, Baldessarini RJ, Suppes T,Tohen M. Outcome after rapid vs gradual discontinuation of lithium treatment in bipolar disorders. Arch Gen Psychiatry. 1993; 50: 448–455.

Suppes T, Baldessarini RJ, Faedda GL,Tondo L,Tohen M. Discontinuation of maintenance treatment in bipolar disorder: risks and implications. Harv Rev Psychiatry. 1993; 1: 131–144.

Baldessarini RJ,Tondo L, Faedda GL, Suppes TR, Floris G, Rudas N. Effects of the rate of discontinuing lithium maintenance treatment in bipolar disorders. J Clin Psychiatry. 1996; 57: 441–448.

Baldessarini RJ,Tondo L, Floris G, Rudas N. Reduced morbidity after gradual discontinuation of lithium treatment for bipolar I and II disorders: a replication study. Am J Psychiatry 1997; 154: 551–553.

Viguera AC, Baldessarini RJ, Hegarty JD, van Kammen DP,Tohen M. Clinical risk following abrupt and gradual withdrawal of maintenance neuroleptic treatment. Arch Gen Psychiatry. 1997;

54: 49–55.

Baldessarini RJ,Tondo L. Recurrence risk in bipolar manic depressive disorders after discontinuing lithium maintenance. Clin Drug Investig. 1998; 15: 337–351.

Viguera AC, Baldessarini RJ, Friedberg J. Discontinuing antidepressant treatment in major depression. Harv Rev Psychiatry. 1998; 5: 293–306.

Baldessarini RJ,Tondo L, Hennen J. Effects of lithium treatment and its discontinuation on suicidal behavior in bipolar manicdepressive disorders. J Clin Psychiatry. 1999; 60 (Suppl2): 77–

84.

Baldessarini RJ,Tondo L,Viguera AC. Discontinuing lithium maintenance treatment in bipolar disorders: risks and implications. Bipolar Disord. 1999; 1: 17–24.

Viguera AC, Nonacs R, Cohen LS, Tondo L, Murray A, Baldessarini RJ. Risk of recurrence of bipolar disorder in pregnant and nonpregnant women after discontinuing lithium maintenance. Am J Psychiatry. 2000; 157: 179–184.

Baldessarini RJ,Tondo L, Ghiani C, Lepri B. Illness risk following rapid versus gradual discontinuation of antidepressants. Am J Psychiatry. 2010; 167: 934–941.

Faedda GL,Tondo L, Baldessarini RJ. Lithium discontinuation: uncovering latent bipolar disorder? Am J Psychiatry. 2001; 158 1337–1339.

Tondo L, Baldessarini RJ, Floris G. Long-term clinical effectiveness of lithium maintenance treatment in types I and II bipolar disorders. Br J Psychiatry Suppl. 2001; 41: s184–190.

Come disintossicare il corpo da psicofarmaci?

Bere un litro e mezzo di acqua al giorno, ricca di calcio e magnesio che stimolano le vie biliari, consumare tanta frutta e verdura fresca, riprendere l'attività fisica e concedersi qualche seduta di sauna a infrarossi, ottima per liberare il corpo dalle scorie chimiche accumulate.

Quanto tempo ci vuole per smaltire i farmaci?

Emivita di un farmaco.

Quanto durano gli effetti collaterali degli psicofarmaci?

Questi effetti indesiderati dovrebbero migliorare entro poche settimane dall'inizio del trattamento, anche se alcuni possono persistere occasionalmente.

Quanto tempo ci vuole per disintossicarsi dalle benzodiazepine?

Per concludere sappiamo che i dati scientifici evidenziano un miglior esito a lungo termine della sospensione delle BDZ con un trattamento di almeno 4 settimane, tempo che viene considerato come un periodo di degenza medio per un buon esito finale.