Quanto guadagna un restauratore di opere d arte

Clara, 27 anni, ci racconta come funziona il settore del restauro in Italia: la formazione non sempre riconosciuta, la normativa lacunosa e la mancanza di fondi rendono davvero difficile trovare lavoro come restauratori dei beni culturali.

“ Mi chiamo Clara, ho 27 anni e sono un tecnico del restauro di beni culturali. Ho un diploma triennale in un istituto di formazione per il restauro e ho fatto diversi tirocini in cantiere, ma non sono mai riuscita a trovare lavoro sul serio. Nonostante siano stati degli anni molto belli e il lavoro mi aveva appassionato tantissimo, alla fine sono stata costretta a rinunciare perché non mi potevo permettere gli anni di gavetta gratuita. Il restauro non è un percorso facile e si riesce a lavorare quasi solo tramite conoscenze: pochissimi ne fanno il loro primo lavoro e molti lo portano avanti in contemporanea con altro.“ 

Sono molti i ragazzi come Clara, tecnici del restauro e restauratori – si, c’è differenza e ora vedremo perché – costretti ad abbandonare la propria passione perché impossibilitati a trovare lavoro sufficientemente retribuito o frustrati dal precariato. Il restauratore è chi si occupa di manutenzione, recupero e conservazione di opere d’arte, oggetti e immobili antichi. Si diventa restauratori frequentando una scuola di restauro di alta formazione (tra quelle riconosciute, l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze) di durata quinquennale, in cui ci si specializza in uno dei settori del restauro: materiali lignei, dipinti su supporto tessile e murale, carta, superfici architettoniche, materiali lapidei, mosaici, ceramiche e molti altri. Molto dipende dalle capacità dello studente: questo è un lavoro molto pratico che richiede grandi abilità manuali e di precisione, oltre che pazienza e meticolosità. Le scuole per diventare restauratore offrono ogni anno pochissimi posti e selezioni durissime per l’ingresso, alle quali seguono cinque anni di formazione sia teorica che pratica che comprende moltissima chimica, mineralogia e studio dei materiali. 

Ma esistono anche altri istituti che propongono percorsi triennali che danno il titolo non di restauratore, ma di tecnico del restauro: una figura che può operare sul campo assistendo un restauratore qualificato. Ci sono poi sia università che offrono corsi di Restauro dei beni culturali, sia Accademie di Belle Arti, ma l’equipollenza del titolo non è sempre garantita. Tutto il settore è poco normato e il riconoscimento dei titoli per essere inseriti nell’elenco ministeriale dei restauratori abilitati è difficoltoso, segnato da trafile burocratiche incoerenti e poco chiare. Il suddetto elenco, che si è fatto attendere per circa 15 anni, è stato pubblicato nel sito del Ministero dei Beni Culturali solo a fine 2018. Rimane comunque tanta confusione per il riconoscimento professionale: per dirne una, la normativa vigente permette anche a un architetto di firmare progetti di restauro al pari di un restauratore. 

Dopo la scuola si inizia la gavetta, sottopagata o gratuita, collaborando in botteghe di altri restauratori o proponendosi come tirocinanti. La concorrenza è altissima, per questo non bisogna mai smettere di lavorare, anche gratis, per non farsi sfuggire nessuna occasione. Per ottenere dei veri lavori si deve quasi necessariamente aprire partita Iva, con tutti i problemi del caso, e correre in giro per il paese alla ricerca di collaborazioni. E’ una professione molto itinerante, schiava degli appalti e per alcuni tipi di materiali vincolata dalla stagionalità.

I lavori in esterno si svolgono solo durante l’estate, mentre in inverno si trovano meno opportunità. In ogni caso i grandi cantieri di restauro sono rari, e sono vinti dai pochi colossi nazionali che poi ingaggiano i restauratori a partita Iva o tramite contratti a progetto. La partecipazione a questi bandi prevede la presentazione di un progetto di restauro ad hoc, studiato sullo specifico caso e approvato dalla soprintendenza competente con una procedura burocratica infinita. Tutto questo lavoro di studio e progettazione diventa del tutto inutile nel caso non si vinca la gara, e anche per il vincitore non è ovviamente né conteggiato né retribuito. Senza dimenticare che il progetto di spesa può variare in corso d’opera in base a come prosegue il lavoro: spesso capita che servono fondi in più perché il materiale non reagisce nel modo sperato ai solventi, oppure si presentano altre criticità che non si erano messe in conto. Uno dei più grandi committenti è lo Stato, ma anche se moltissimi beni culturali statali avrebbero bisogno di cure e manutenzione, si fanno pochissime campagne di restauro perché non ci sono i fondi. E così l’Italia vive costantemente la contraddizione di avere un’altissima concentrazione di beni da conservare e l’impossibilità di poterlo fare. Molto spesso invece i restauri sono finanziati da associazioni locali, stufe dello stato di degrado dei palazzi o dei monumenti. Vale dunque la pena impegnarsi in una carriera di restauratore? Serve molta determinazione e niente da perdere. A volte nemmeno i più bravi riescono a trovare lavoro, alla fine la maggior parte prova altro, cambia settore completamente, abbandona la professione, va all’estero. I più finiscono a fare altri lavori e continuare ad occuparsi di restauro solo per hobby. Bisogna essere pronti a sacrificare molte cose: un restauratore spesso è più in difficoltà a farsi una famiglia rispetto a altre figure professionali, non avendo né la sicurezza economica né la stabilità: deve continuamente spostarsi per i cantieri, questo mese a Venezia, il prossimo a Napoli, poi chissà. Alla domanda “Tornando indietro, lo rifaresti?” Clara risponde di no. Lo studio è interessantissimo e la formazione molto stimolante, ma se avesse saputo com’è davvero il mercato, avrebbe lasciato perdere. Le scuole di formazione non la vendono mai come impossibile, dicono che bisogna impegnarsi e per passione si prova. Ci si innamora così di un lavoro bellissimo e il più delle volte poi si è costretti ad abbandonarlo.

Quanto guadagna al mese un restauratore?

In media un restauratore di beni culturali guadagna circa 2000 euro al mese, cifre non altissime soprattutto se pensiamo al fatto che non è facilissimo trovare lavoro in maniera continuativa in Italia.

Come diventare restauratore di opere d'arte?

Si diventa restauratori frequentando una scuola di restauro di alta formazione (tra quelle riconosciute, l'Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma e l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze) di durata quinquennale, in cui ci si specializza in uno dei settori del restauro: materiali lignei, dipinti ...

Che laurea serve per diventare restauratore?

Percorso formativo formale Per accedere alla professione di RESTAURATORE è necessario conseguire il titolo di laurea magistrale in Conservazione e restauro dei beni culturali - abilitante ai sensi del D. Lgs n. 42/2004 - (LMR/02).

Dove lavora il restauratore?

Il restauratore lavora nei laboratori di restauro, se l'opera è trasportabile; altrimenti installa un laboratorio sul posto dove si trovano le opere da restaurare, che può essere presso antiche chiese, monumenti, edifici antichi, scavi archeologici…