Io non festeggio il 25 aprile

Che il 25 aprile del 1945 sia cambiata radicalmente la storia del nostro Paese è un fatto che nessuno potrebbe mettere in discussione. Grazie alla Resistenza dei partigiani, è stata aperta la strada alla Repubblica e alla stesura della sua Costituzione. Eppurenell'ultimo periodo, numerosi esponenti politici si sono dimostrati, quando non contrari, indifferenti alla sua celebrazione.

Ma perché è possibile pensare che la festa della Liberazione sia una ricorrenza dalla quale si può prescindere? «Il primo valore espresso dal 25 aprile è quello dell'inclusività», ha detto a Open Antonio Carioti, giornalista e autore di numerosi libri di storia, tra cui Gli orfani di Salò: il "Sessantotto nero" dei giovani neofascisti nel dopoguerra, 1945-1951(Ugo Mursia Editore). «Di conseguenza ti permette di rispettare le posizioni e il valore anche di chi non vuole festeggiarlo, o non sente di doverlo fare».

In quale ottica ha ancora senso celebrare la Liberazione?

«Il fatto che molti italiani abbiano dato una contributo volontario per l'autonomia è un fatto importantissimo. I valori dell'antifascismo e della resistenza hanno rimesso in piedi una sovranità che era stata azzerata prima dal fascismo in sé, e poi dalle forze straniere arrivate per combatterlo.

Un evento su tutti era stato l'8 settembre del 1943, quandoera stata totalmente annullata la sovranità italiana. Dopo la scelta di Badoglio di firmare l'armistizio, i tedeschi non incontrarono più incontrato nessuna opposizione. In quel momento, però, c'è stata una parte rilevante della popolazione italiana che ha scelto di non essere un mero oggetto della contesa straniera, nel caso specifico tra potenze angolamericane e tedesche.

Una parte del popolo italiano si trovò a fare una scelta autonoma e libera:lottare da sé contro i nazisti. Le forze del Comitato di Liberazione Nazionale sono quelle che hanno fatto la Costituzione, che è stata redatta prima ancora di quella tedesca».

Ci può essere una dimensione di attualità per la memoria storica?

«Per come la vedo io il 25 aprile è la celebrazione di quel preciso momento storico: la fine della Repubblica Sociale Italiana, che era il satellite della Germania, e la liberazione di un popolo che ritrova la sua sovranità.

È un po' pericoloso usarla nei confronti della battaglie politiche attuali, benché la tentazione ci sia sempre stata fin dai tempi del Partito Comunista. Ma anche, durante la prima Repubblica, in chiave anticomunista: il 25 aprile diventava sinonimo della sconfitta dei totalitarismi, e il comunismo gli apparteneva a pieno titolo».

Quale legame può esserci oggi tra il rifiuto di celebrare la Liberazione e l'ideologia fascista?

«Si fa un gran parlare del pericolo imminente del ritorno al fascismo dovuto alla destra xenofoba. Personalmente ho delle riserve. Il fascismo appartiene alla sua epoca storica precisa. Era un'altra società, completamente diversa.

La cosa migliore sarebbe cercare di escludere il 25 aprile da questa tendenza ad attualizzarlo a ogni costo. Ma capisco che non sia facile, né a destra né a sinistra. Mettersi a parlare di quanto è fascista qualcuno basandosi su quanto non tollera gli immigrati è una posizione suicida. Altrimenti nel Governo (e non solo) dovrebbero essere tutti fascisti. Questa è l'ideologia di certi centri sociali e di certi intellettuali».

Quindi non per forza le affermazioni di Salvini sulla celebrazione della Resistenza hanno a che vedere con il fascismo?

«Non mi sembra che abbia negato la sua importanza, piuttosto ha scelto di porsi oltre alle dicotomie viste nell'attualità. Oggi le cose stanno diversamente.

Nel 1994 la Lega era tra i manifestanti scesi in piazza il 25 aprile per contestare Silvio Berlusconi e lo sdoganamento della destra. La presenza del partito di Bossi serviva per opporsi a quella visione unitaria del Paese espressa anche dal partito di Berlusconi.

Ora, con la lega di Salvini è stata abbandonata l'idea di un movimento separatista, e in virtù del legame con i 5 Stelle anche il federalismo è stato annacquato. Pensiamo anche solo allo slogan "prima gli italiani": alla Lega non serve più il 25 aprile come simbolo da contestare per affermare le posizioni antitaliane. Quindi Salvini ha scelto di farne semplicemente a meno».

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25 APRILE, LA FESTA PIU� INSENSATA E RIDICOLA
Si festeggia una sconfitta militare di un popolo distrutto, ma un motivo c��: serve a nascondere il terzo fallimento del mito risorgimentale dell�Unit� d�Italia
di Massimo Viglione

� fin troppo facile far notare che il 25 aprile � la festa pi� insensata e ridicola che sia mai esistita nella storia, visto che di fatto si festeggia una sconfitta militare di un popolo distrutto e caduto nella guerra civile e nell�odio ideologizzato. E che � ancora pi� insensata perch� si continua a festeggiarla dopo settant�anni ! Una tipica follia democratica.
Naturalmente diciamo questo non certo per nostalgismo pro sconfitti, n� perch� riteniamo che qualora la guerra fosse stata vinta dal nazional-socialismo noi italiani ce la saremmo passata meglio. Forse nei primissimi anni della vittoria; ma, personalmente ritengo che, specie alla lunga � e questo al di l� delle follie razziste dell�hitlerismo � sempre servi saremmo stati, e sempre del Paese che oggi domina l�Europa non con le armi e la Gestapo ma con la finanza e le banche.
Occorre riflettere bene ormai, dopo settant�anni, sul perch� di questa stupida festa nazionale. Se essa � stata inventata e continua ad essere imposta ogni anno, nonostante ormai da lungo tempo molti intellettuali � spesso ex-marxisti � stiano oggettivamente invitando all�eliminazione di questo solco di sangue che ancora bagna l�identit� italiana � � perch� essa � il marchio stesso della Repubblica Italiana. Ne � il sigillo nazionale. Un sigillo troppo pesante perch� possa essere tolto e possa divenire pubblico ci� che nasconde.
Per decenni si � taciuto sulle stragi comuniste dei titini in Istria e sulle stragi comuniste dei partigiani in Emilia Romagna e altrove. Per decenni il 25 aprile serviva a occultare nella festa �di tutti� (come Pertini, il presidente di tutti, ricordate?) il sangue innocente (donne, vecchi, seminaristi, sacerdoti, uomini che si erano arresi, ecc.) offerto in tributo all�altare del sol dell�avvenire che sembrava stesse per sorgere in quei tragici giorni.
Soprattutto doveva per� nascondere anche l�idea stessa che in Italia vi fosse stata una guerra civile. Tutti noi che siamo stati studenti nella Prima Repubblica, sappiamo bene che la guerra civile fra partigiani e fascisti non � mai esistita: � esistita invece la guerra di �liberazione� � termine che dimenticava, come se nulla fosse, il fatto che se dietro i fascisti vi era un invasore, dietro i partigiani ve ne erano due (o di pi�, forse). �Liberazione�: ecco la parola magica inventata, mentre Mussolini pendeva a Piazzale Loreto e il sangue scorreva a litri nel triangolo rosso della morte e in Istria, per occultare sia la sconfitta militare che l�idea stessa di una guerra civile. Al punto tale che � e il cinema ha lavorato molto in tal senso � il �fascista� non era pi� neanche italiano, ma era il male in s�, inevitabilmente cattivo perch� antitesi dell�inevitabilmente buono, ovvero dell�italiano partigiano.
Ma perch� occorreva � e occorre ancora dopo settant�anni � nascondere la sconfitta e la guerra civile? Su questo nodo focale ormai la letteratura � vasta (Galli della Loggia, Emilio Gentile, Paolo Mieli, Marcello Veneziani, solo per citare alcuni fra gli autori pi� noti): la ragione vera risiede nella storia precedente, vale a dire nel Risorgimento italiano.
Il processo di unificazione nazionale � stato � al di l� del mero risultato territoriale amministrativo � un assoluto fallimento. L'�italietta� nata dal blitz di Cavour e Garibaldi era pi� �espressione geografica� dell�Italia dei giorni di Metternich. Niente univa il siciliano e il piemontese, il salentino e il lombardo, il fiorentino e il calabrese. Economicamente era un disastro, pi� o meno come oggi. Moralmente screditati e corrotti. Militarmente ridicoli e incapaci (nemmeno gli africani ci rispettavano). Per non parlare della questione meridionale, della mafia, della corruzione, dell�emigrazione di milioni di uomini costretti a lasciare la loro Italia per non morire di fame.
Essendo evidente a tutti il fallimento ideale, civile e culturale del Risorgimento, per forgiare gli italiani fu deciso prima di tentare la via coloniale e fu un disastro, come gi� accennato. Poi di entrare nella Prima Guerra Mondiale, pur sapendo perfettamente che se ne poteva stare tranquillamente fuori. Il prezzo � stato 600.000 morti e 1.500.000 mutilati e feriti, il tutto per la �vittoria mutilata� (anche la vittoria fu mutilata).
Poi il biennio rosso � con il rischio bolscevico � e infine la dittatura fascista, che si assunse il compito di �fare gli italiani�, ovvero di riuscire dove il risorgimento liberale aveva chiaramente fallito. Il fascismo divenne, come Mussolini stesso dichiar� pi� volte e Giovanni Gentile teorizz� filosoficamente � il compimento del Risorgimento. Il Secondo Risorgimento.
Ma il fascismo � al di l� di alcuni innegabili risultati positivi � ci ha condotto al secondo disastro mondiale e all�8 settembre, con la �morte della patria�, lo Stato alla sfascio, una monarchia indecente che fugge, un esercito lasciato senza ordini e senza capi, all�invasione degli stranieri e alla guerra civile.
Cos�, il mondo partigiano, almeno l�intelligenza di esso, comprese che occorreva risollevare ancora una volta, per la terza volta, dal baratro il mito fallimentare del Risorgimento. E lo fece facendo scomparire dall�idea italiana il fascismo, la sconfitta e la guerra civile, e presentando la nuova repubblica consociativa, liberal-democratica tendente a sinistra come il vero ultimo passaggio per la realizzazione del �nuovo italiano�, quello appunto sognato dagli eroi risorgimentali. Nacque cos� il �terzo risorgimento�, quello democristian-laico-comunista.
Ecco la necessit� di mantenere in vita la festa del 25 aprile. In fondo, abolirla, sarebbe come ammettere che pure il �terzo risorgimento� ha fallito nell�obbiettivo di fare gli italiani e di costruire un Italia unita e rispettabile nel consesso delle nazioni.
Quanto l�Italia di oggi sia unita e rispettabile nel consesso delle nazioni � sotto gli occhi di tutti.
� fallito il primo Risorgimento, quello condotto contro la Chiesa e l�identit� cattolica italiana. � fallito il secondo Risorgimento, quello fascista. � fallito pure il terzo Risorgimento, quello del compromesso storico fra �cattolici� liberali, laici e comunisti, che ha prodotto l�obbrobrio in cui oggi viviamo.
Oggi l�Italia neanche esiste pi�, essendo divenuta colonia sottomessa a un�entit� astratta e al contempo famelica e contro-natura come la UE. Eppure noi continuiamo a festeggiare il 25 aprile.
Come dire� sempre pi� stupidi, ogni anno che passa. Sempre meno italiani, ogni anno che passa.
Perch� il vero italiano era quello figlio di 26 secoli di storia. Quello che si trov� i piemontesi a casa. Quello era il vero italiano. E oggi, italiano vero, � colui che � in grado di capire e ha la forza di dirlo che questa Italia, questa Repubblica, non ha quasi nulla della vera Italia. E che finch� non restaureremo la vera Italia, il nostro destino sar� quello di andare sempre pi� allo sfascio generale.
Ma, per usare una loro espressione� �un�altra Italia � possibile�. Non dimentichiamolo e lottiamo per questo.

Titolo originale: Il significato del 25 aprile
Fonte: Il giudizio cattolico, 25 aprile 2014
Pubblicato su BastaBugie n. 347

saluti
Piero e famiglia

Edited by Nihil Obest - 1/5/2017, 07:37


con la Russia, con Putin, con l'Iran, con l'Ungheria di Orban e con la Siria di Assad...

Tre cose occorrono per essere felici: essere imbecilli, essere egoisti e avere una buona salute. Ma se vi manca la prima tutto � finito. Gustave Flaubert

http://93.62.155.214/~omirl/WEB/esempio.ht...z=VREG?para=tem

Viva tutti i soldati sconfitti e tutti gli Eroi schiacciati dal nemico nella battaglia perduta. Perch� la sconfitta
non pu� togliere la gloria. Walt Whitman

� inutile discutere con un idiota, prima ti abbassa al suo livello e poi ti batte con l'esperienza. Oscar Wilde

In ogni guerra, la questione di fondo non � tanto di vincere o di perdere, di vivere o di morire; ma di come si vince, di come si perde, di come si vive, di come si muore.
Una guerra si pu� perdere, ma con dignit� e lealt�.
La resa ed il tradimento bollano per secoli un popolo davanti al mondo.
Junio Valerio Borghese

... non datemi consigli ... so sbagliare anche da solo

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