Dopo la sentenza di divorzio cosa succede

La separazione giudiziale – indice:

  • Cos’è
  • In cosa consiste
  • Gli effetti
  • La comunione legale
  • I diritti successori
  • Provvedimenti per i figli
  • L’addebito
  • La casa coniugale
  • La riconciliazione
  • I tempi
  • Le modifiche delle condizioni
  • I tempi per il divorzio
  • I Costi della separazione
  • I documenti necessari
  • Chi paga le spese
  • Assistenza legale

L’istituto della separazione giudiziale è alternativo a quello della separazione consensuale e trova la propria fonte all’articolo 151 del codice civile e 706 e seguenti del codice di procedura civile. Si tratta di un procedimento più costoso e lungo, a cui solitamente si ricorre ove non sia possibile trovare un accordo fra i coniugi o vi siano le prospettive di chiedere l’addebito. La separazione giudiziale consiste in un procedimento civile ordinario che si apre con il ricorso da parte del primo dei due coniugi che lo propone. La competenza territoriale è del Tribunale o del luogo dove i coniugi hanno avuto la loro ultima residenza o dove il coniuge convenuto ha il proprio domicilio.

Cos’è la separazione giudiziale

La separazione giudiziale è dunque un procedimento civile contenzioso attraverso cui uno dei due coniugi ricorre al Presidente del Tribunale per la pronuncia di una sentenza di separazione coniugale. Con la sentenza saranno regolati i rapporti anche patrimoniali dei coniugi e gli stessi saranno autorizzati a vivere separatamente. Si attiva con ricorso ai sensi dell’articolo 706 del codice di procedura civile, “da presentarsi al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio”.

A seguito di tale iniziativa il Presidente del tribunale emette un decreto con cui:

  • fissa la data dell’udienza in cui le parti dovranno comparire personalmente innanzi a lui non oltre 90 giorni dalla data in cui è stato depositato il ricorso;
  • stabilisce due termini rilevanti per il coniuge convenuto: quello entro cui gli devono essere notificati il ricorso e il decreto e quello entro cui può presentare una memoria difensiva ed altri documenti.

All’udienza di comparizione i coniugi devono essere accompagnati dai propri difensori e saranno sentiti dal giudice in due momenti. Prima separatamente e poi congiuntamente in sede di conciliazione obbligatoria preventiva. Se la conciliazione ha esito negativo il Presidente, dopo aver assunto i provvedimenti provvisori necessari con riguardo ai figli e alla casa coniugale, assegna la causa di separazione ad un giudice istruttore e fissa la data della prima udienza dinanzi a quest’ultimo.

La separazione giudiziale si differenzia da quella consensuale in quanto quest’ultima è un accordo fra i coniugi che può anche essere stragiudiziale (tramite la negoziazione assistita), mentre la prima consiste necessariamente in un procedimento innanzi all’autorità giudiziaria.

In cosa consiste la separazione giudiziale e come funziona

I presupposti della separazione giudiziale sono individuati dall’articolo 151 del codice civile, così come riformato dalla legge numero 151 del 1975. “La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole”. La giurisprudenza di legittimità dà a dire il vero un’interpretazione molto ampia della norma. Si ritiene sostanzialmente che la domanda di separazione giudiziale possa essere attivata ogniqualvolta anche uno solo dei due coniugi si ritenesse “disaffezionato” o “distaccato” spiritualmente dall’altro (così Cassazione 7148 del 1992). Secondo l’interpretazione giurisprudenziale della norma dunque, ciascuno dei coniugi ha il diritto di richiedere ed ottenere la separazione.

Quali sono gli effetti della separazione giudiziale

Una volta ottenuta, la separazione giudiziale fa cessare tutte le obbligazioni inerenti alla vita coniugale. Alcune importanti “anticipazioni” di questi effetti di legge si hanno tuttavia a far corso dalla prima udienza presidenziale, dopo essersi dati atto del fallimento del tentativo di conciliazione. La comunione legale si scioglie, ad esempio, a far corso dalla prima udienza presidenziale, ed i coniugi saranno fino dalla prima udienza presidenziale autorizzati a vivere separatamente.

Una volta ottenuta la sentenza di separazione giudiziale cessano le obbligazioni inerenti alla vita in comune. I coniugi non sono più tenuti all’obbligo di convivenza. Allo stesso modo i coniugi non sono più tenuti a prestarsi assistenza reciproca secondo quanto previsto in sede di matrimonio. Cesserà naturalmente anche l’obbligo di reciproca fedeltà.

A favore del coniuge economicamente più “debole” può essere previsto un assegno di mantenimento, che è parametrato al tenore di vita avuto nel corso del matrimonio. Solo in sede di divorzio l’assegno “divorzile” non sarà più commisurato al tenore di vita avuto in sede di matrimonio.

Il giudice competente per la separazione coniugale non può decidere in ordine alle altre questioni patrimoniali connesse alla vita di coppia. Saranno giudicate inammissibili le domande volte alla restituzione di oggetti o di somme di denaro, di risarcimento dei danni e così via. Il giudizio di separazione può tuttavia, in alcuni casi, rappresentare un presupposto giuridico per la presentazione di ulteriori domande (in giudizi separati), ad esempio a contenuto risarcitorio.

Lo scioglimento della comunione legale

Secondo quanto previsto dall’articolo 191 del codice civile, la comunione legale dei beni si scioglie in caso di separazione giudiziale. I beni che fanno parte della comunione legale entrano a far parte della comunione cosiddetta “ordinaria”. Tale circostanza fa sì che i coniugi diventino titolari di una quota pari ad un mezzo dei beni che facevano parte della comunione legale. I coniugi possono tuttavia, in sede di separazione giudiziale, prendere accordi in riferimento all’assegnazione all’uno od all’altro dei beni comuni, dividendosi gli stessi. In che momento si verifica detto scioglimento della comunione? Con la riforma del cosiddetto “divorzio breve“, gli effetti di scioglimento sono stati anticipati alla prima udienza di comparizione per la separazione. Nella predetta udienza il presidente adotta i provvedimenti temporanei. Ai coniugi, successivamente a questo momento, sarà dunque possibile acquistare beni e diritti che non entreranno a far parte della comunione legale.

I diritti successori del coniuge separato superstite

Per quanto attiene ai diritti successori del coniuge separato senza addebito, la disciplina è fissata dall’articolo 548, primo comma, del codice civile. Al coniuge separato senza addebito spettano gli stessi diritti del coniuge non separato. Ove invece sia stato pronunciato l’addebito nei riguardi di un coniuge, a questi spetterà solo un assegno vitalizio. Tale assegno però, spetta solo nella circostanza in cui godesse degli alimenti, a carico del coniuge deceduto alla data di apertura della successione. Questo è stabilito dal secondo comma dell’articolo 548 del codice civile.

I provvedimenti con riguardo ai figli non economicamente autosufficienti

Con la sentenza di separazione giudiziale il giudice dispone anche riguardo ai figli della coppia. La riforma del 2013, operata con Decreto Legislativo numero 154, ha introdotto gli articoli 337-bis e seguenti nel codice civile. In particolare, l’articolo 337-ter dispone che:

“Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.”

il terzo comma dello stesso articolo 337-ter precisa inoltre, con riguardo alla responsabilità genitoriale che:

“La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli, relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.”

La separazione giudiziale con addebito

Lo stesso articolo 151 del codice civile, al secondo comma, dà la possibilità di richiedere l’addebito della separazione giudiziale. L’addebito può essere richiesto fin da subito, con il ricorso attraverso cui si apre il processo. I termini processuali per formulare la richiesta di addebito coincidono con la memoria integrativa di cui all’articolo 709 del codice di procedura civile, e cioè quella che viene redatta in successivamente alla prima udienza presidenziale.

Può essere pronunciato l’addebito nella separazione giudiziale quando siano stati violati da parte di un coniuge i doveri derivanti dal matrimonio, come ad esempio quelli individuati dagli articoli 143 e 147 del codice civile. Può ad esempio essere chiesto l’addebito per tradimento, ed anche ove difettino l’assistenza morale, materiale, la collaborazione, la coabitazione e così via.

Con riguardo all’obbligo di fedeltà si è espressa in tempi piuttosto recenti la Corte di Cassazione il 24 febbraio 2020. Un uomo ha proposto ricorso al supremo collegio per chiedere la cassazione della sentenza del giudice di appello con cui gli veniva addebitata la separazione sulla base di alcune foto che lo ritraevano in atteggiamenti con una donna. A parere della Suprema Corte le foto che mostrano il marito “in atteggiamento di intimità con un’altra donna che, secondo la comune esperienza, induce a far  fanno presumere, l’esistenza tra i due di una relazione extraconiugale” sono sufficienti a far pronunciare l’addebito.

Le violazioni dei doveri coniugali al fine della valutazione in merito all’addebito, devono essere anteriori alla domanda di separazione giudiziale. Non hanno rilievo le violazioni successive alla domanda di separazione. In ogni caso, inoltre, la pronuncia di addebito si fonda non sulla semplice violazione dei doveri di cui all’articolo 143 c.c. bensì sull’esistenza verificata dal giudice del nesso causale tra la violazione e la convivenza diventata intollerabile.

Le conseguenze dell’addebito

Quando uno dei due coniugi ha avuto a proprio carico l’addebito della separazione, lo stesso perde il diritto al mantenimento, ridimensionato al solo diritto agli alimenti ove ne sussistano i presupposti (stato di bisogno, incapacità di provvedere anche in parte al proprio sostentamento economico e capacità economica del coniuge). Per quanto attiene ai diritti successori del coniuge superstite, inoltre, ai sensi dell’articolo 548, secondo comma del codice civile “Il coniuge cui è stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato ha diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al momento dell’apertura della successione godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto”.

L’assegnazione della casa coniugale e affidamento dei figli

Nel corso del processo di separazione giudiziale viene presa una decisione anche in merito all’affidamento dei figli e all’assegnazione della casa coniugale. Non è data dal legislatore una definizione compiuta di casa coniugale, anche se è ritenuta tale la casa ove si è svolta la vita coniugale o familiare.  In assenza di figli è generalmente molto difficile venga assegnata la casa coniugale al coniuge non proprietario. Ciò può avvenire solo nel caso ne sia fatta esplicita richiesta e l’assegnazione serva ad equilibrare i rapporti economici fra coniugi nell’ambito del processo di separazione giudiziale.

Nel caso in cui invece vi siano figli e il genitore non proprietario non conviva more uxorio (come se fosse sposato), l’assegnazione della casa coniugale serve soprattutto a preservare l’educazione dei figli. Il giudice tiene tuttavia conto di chi è titolare del diritto di proprietà sull’immobile ed opera un temperamento equilibrato dei rapporti economici fra coniugi.

I figli minori nel procedimento di separazione giudiziale

Come nella separazione consensuale ed a maggior ragione in quella giudiziale il giudice può ascoltare le ragioni del figlio minore in ogni caso in cui vengano presi provvedimenti che lo riguardano. Lo stabilisce l’articolo 336-bis c.c. affermando che “Il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano”.

La stessa norma ammette tuttavia due deroghe a tale obbligo, ovvero quando l’ascolto:

  •  è in contrasto con l’interesse del minore;
  • è manifestamente superfluo.

Sull’obbligatorietà del coinvolgimento del minore nel procedimento di separazione giudiziale si è pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza n. 19327/2015. I giudici infatti, richiamando fonti internazionali particolarmente rilevanti quali le convenzioni di New York e Strasburgo, ribadisce il principio secondo cui “Si riconferma l’obbligo del’ascolto in tutti i procedimenti in cui si assumono provvedimenti che riguardano il fanciullo, salvo che l’audizione sia manifestamente superflua o si ponga in contrasto con il suo interesse, ma di ciò il giudice dovrà dar atto con provvedimento motivato”.

Si possono modificare le condizioni di separazione?

Ai sensi dell’articolo 710 del codice di procedura civile “Le parti possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti la separazione”.

Non avendo i provvedimenti del giudice carattere decisorio infatti possono essere sempre modificati. La modifica può essere attivata con ricorso e può riguardare l’assegno di mantenimento, l’affidamento dei figli, la casa familiare e altri aspetti patrimoniali. Il giudice dispone le modifiche con decreto motivato avente, questa volta, natura decisoria. Tale decreto può inoltre essere impugnato.

La richiesta di modifica delle condizioni di separazione può avvenire sia nel procedimento di separazione giudiziale ma anche in quello di separazione consensuale ovvero su accordo dei coniugi, ad esempio con ricorso congiunto o accordo stragiudiziale. In ogni caso è necessaria l’assistenza dell’avvocato.

La riconciliazione successiva alla separazione giudiziale

Quando i coniugi si riconciliano, cessano gli effetti della separazione giudiziale. La legge non prescrive particolari oneri formali per la riconciliazione. Ai coniugi è infatti possibile riconciliarsi “di fatto” dando luogo a comportamenti che siano incompatibili con la separazione. Per comportamenti compatibili devono intendersi, ad esempio, l’essere ritornati a convivere e a trascorrere una vita in comune. Non è naturalmente sufficiente a provare la riconciliazione, la sussistenza di rapporti pacifici o una semplice frequentazione.

È importante rilevare che, avvenuta la riconciliazione successivamente alla separazione, non sarà possibile divorziare direttamente. Il procedimento di separazione dovrà iniziare da capo. I coniugi che si siano separati e poi informalmente abbiano ripreso a convivere stabilmente così riconciliandosi dovranno, per divorziare, separarsi nuovamente.

Sulla prova dell’effettiva riconciliazione la Corte di Cassazione nel 2005 ha ritenuto insufficiente il solo ripristino della convivenza. I giudici infatti hanno affermato nella sentenza n. 19497 che “non è sufficiente, per provare la riconciliazione tra i coniugi separati, per gli effetti che ne derivano, che i medesimi abbiano ripristinato la convivenza a scopo sperimentale, essendo invece necessaria la completa ripresa dei rapporti caratteristici della vita coniugale”.

Nel caso invece la riconciliazione avvenga prima della separazione ma a domanda già proposta, l’articolo 154 c.c. stabilisce che “La riconciliazione tra i coniugi comporta l’abbandono della domanda di separazione personale già proposta”.

Quanto tempo ci vuole per la separazione giudiziale: la durata del processo

Come già chiarito i tempi per il procedimento di separazione giudiziale sono assai più lunghi di quelli relativi alla separazione consensuale (per la quale può addirittura bastare un mese) ed è difficile siano inferiori a due anni ed è possibile arrivino anche a quattro anni.

È tuttavia opportuno sottolineare che, con la prima udienza presidenziale di comparizione dei coniugi (dopo qualche mese dal deposito del ricorso), il giudice deciderà con ordinanza sui provvedimenti provvisori, che anticipano la gran parte degli effetti della sentenza. Con l’udienza presidenziale e in pochi mesi, in ogni caso, i coniugi potranno giovarsi della gran parte degli effetti della sentenza di separazione.

Ci sono tuttavia molte variabili che possono incidere, come ad esempio la presenza di appelli o di ricorsi per Cassazione. Altro fattore determinante per la durata del processo è l’efficienza del Tribunale competente, da cui dipende la fissazione delle udienze. Laddove tuttavia i coniugi trovino un accordo nel corso del giudizio sarà possibile che l’iter si concluda in poche settimane.

Dalla separazione giudiziale al divorzio: quanto tempo deve passare

Trascorso un anno dalla separazione giudiziale è possibile proporre domanda per il divorzio. Il termine di un anno decorre dalla comparizione davanti al Presidente del Tribunale competente secondo quanto previsto dall’articolo 3 numero 2) lettera b) della legge sul divorzio (numero 898 del 1970). In caso di separazione consensuale, invece, il termine per chiedere il divorzio è di sei mesi. Anche in questo caso i termini decorrono dalla prima udienza presidenziale di comparizione delle parti.

È peraltro possibile che in caso di contemporanea pendenza dei processi di separazione e divorzio vi sia, non solo l’assegnazione della causa pendente di divorzio allo stesso giudice investito della separazione giudiziale, ma anche la riunione dei due processi. In tal senso si è espresso il Tribunale di Milano con ordinanza, il 26 febbraio 2016 affermando che “Vi è, invero di più. Dove, come nel caso di specie, la separazione giudiziale sia pendente in una
fase fisiologica non avanzata (nel caso di specie, sono stati concessi i termini ex art. 183 c.p.c.) il giudice di entrambe le cause può a questo punto anche valutare l’opportunità di una riunione dei due processi, ai sensi dell’art. 274 comma I c.p.c., trattando di cause connesse”.

I costi della separazione giudiziale

I costi della parcella dell’avvocato per la separazione giudiziale possono variare di molto, dai 1800 euro ad oltre i 4000 euro oltre accessori. Il costo del processo varia anche in relazione ai gradi di giudizio affrontati e quindi anch’esso dipende dalla presenza di reclami dei provvedimenti provvisori presidenziali, appelli, o di ricorsi per Cassazione.

Ad incidere sui costi del procedimento di separazione giudiziale sono le eventuali richieste di addebito, le istruttorie complesse e la durata del procedimento.

Ulteriori costi da tenere presenti sono, quanto ai procedimenti internazionali, la necessità di produrre in giudizio atti stranieri e di tradurli.

Per una consulenza specifica senza alcun impegno o per richiedere un preventivo per l’attivazione della separazione giudiziale è possibile compilare il modulo per la richiesta di consulenza personalizzata.

Quali documenti servono per la separazione giudiziale

Per quanto attiene alla documentazione necessaria da portare all’avvocato per la separazione giudiziale, questa consiste in:

  • Copia integrale dell’atto di matrimonio.
  • Lo Stato di famiglia dei due coniugi.
  • Il certificato di residenza degli stessi.
  • Copia delle ultime tre dichiarazioni dei redditi.

Chi paga le spese in caso di separazione giudiziale?

Come nella gran parte dei procedimenti civili contenziosi, le spese di giudizio seguono la soccombenza. Laddove ad esempio un coniuge abbia chiesto l’addebito della separazione e lo abbia ottenuto in giudizio con la relativa sentenza, le spese di giudizio saranno a carico del coniuge a carico del quale sia posto l’addebito. Per lo stesso motivo il coniuge che abbia richiesto l’addebito e non lo abbia ottenuto sarà tenuto a pagare le spese di giudizio all’altro coniuge.

Le spese di lite saranno tuttavia anticipate da ciascun coniuge al rispettivo avvocato e verranno rifuse soltanto in un secondo momento in caso di soccombenza.

Assistenza legale per il procedimento di separazione giudiziale

Lo studio legale presta assistenza per processi di separazione giudiziale. La predisposizione di ricorsi per procedimenti con o senza addebito in breve tempo dà modo al cliente di ottenere i provvedimenti provvisori in tempi brevi. È possibile prenotare un appuntamento ed avere un preventivo chiamando i numeri dello studio o scrivendo una e-mail per essere ricontattati in breve tempo.

Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio

Che diritti ha la moglie divorziata?

Continuano a restare determinati diritti, come quello di ottenere una quota del Tfr, la pensione di reversibilità, l'assegno di divorzio e, se accordato dal giudice al momento della separazione, il diritto di abitazione nell'ex casa coniugale.

Quando una sentenza di divorzio diventa definitiva?

La legge (artt. 325 e 327 c.p.c.) dice che una sentenza diventa definitiva decorsi sei mesi dalla sua pubblicazione, vale a dire dal momento nel quale la stessa viene depositata presso la cancelleria del tribunale che ha pronunciato la sentenza. Si tratta del cosiddetto termine lungo per il passaggio in giudicato.

Da quando decorrono gli effetti della sentenza di divorzio?

55/2015, nota come Legge sul divorzio breve, purchè comunque sia stato pronunciato il decreto di omologa. In caso di separazione in comune il termine decorre “dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso dinnanzi all'ufficiale dello stato civile” (art. 3 Legge sul Divorzio).

Chi comunica divorzio al Comune?

Il Tribunale comunica all' Ufficio di Stato Civile del Comune ove è stato celebrato il matrimonio, l' avvenuta presentazione, da parte dei coniugi (o di uno solo di essi), del ricorso per divorzio. L' Ufficiale di stato civile provvede ad annotare tale comunicazione a margine dell' atto di matrimonio degli interessati.