Licenziamento jobs act più di 15 dipendenti

Superamento 15 dipendenti nelle PMI dopo il 7 marzo: addio reintegro nel licenziamento illegittimo, doppio binario se l'espansione è precedente al Jobs Act.

Cosa succede agli assunti con il vecchio tempo indeterminato in un’azienda che si trova a superare i 15 dipendenti dopo il 7 marzo 2015? Anche per loro scatta il nuovo contratto a tutele crescenti  introdotto dal Jobs Act e, di conseguenza, vengono meno le tutele dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Risultato: per questi lavoratori il licenziamento senza reintegro diventa possibile. Il comma 3 dell’articolo 1 del decreto 23/2015 attuativo del Jobs Act recita:

«nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale» previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ovvero la soglia dei 15 dipendenti, «il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto».

Significa che se l’impresa sale sopra i 15 dipendenti per effetto delle nuove assunzioni a tempo indeterminato effettuate dopo il 7 marzo 2015 (entrata in vigore della legge), a cui si deve obbligatoriamente applicare il nuovo contratto a tutele crescenti, allora non applicherà la tutela reale dell’articolo 18 (reintegro in caso di licenziamento illegittimo) alla totalità dei dipendenti. Se invece un’azienda aveva già più di 15 dipendenti prima del 7 marzo, allora mantiene il vecchio contratto per i vecchi assunti.

=> Guida al contratto indeterminato a tutele crescenti

La precedente normativa fissava nei 15 dipendenti la soglia sopra la quale scattava la protezione contro il licenziamento illegittimo dell’articolo 18: nel momento in cui l’azienda assumeva il 16esimo dipendente scattava la protezione per la totalità dei lavoratori. Il Jobs Act elimina questo paletto: tutte le aziende con meno di 15 dipendenti al 7 marzo 2015, anche nel momento in cui eventualmente superano questa soglia, applicano le nuove tutele contro il licenziamento:

  • reintegro in caso di licenziamento discriminatorio, nullo o intimato in forma orale;
  • indennità risarcitoria per licenziamento economico (giustificato motivo oggettivo) e in alcuni casi disciplinare (giustificato motivo soggettivo e giusta causa);
  • reintegro se il giudice stabilisce l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, nei casi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa.

=> Tutele crescenti dal 7 marzo: le assunzioni interessate

Licenziamento sotto i 15 dipendenti

Se le nuove assunzioni a tutele crescenti (effettuate dal 7 marzo 2015) non comportano il superamento della soglia dei 15 dipendenti, succede il contrario: non si estende ai vecchi assunti la nuova normativa sui licenziamenti e restano le vecchie regole anche per i nuovi assunti. Significa che non c’è mai reintegro in caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa. L’unico caso in cui il giudice può stabilirlo è il licenziamento discriminatorio (articolo 9, comma 1, del decreto 23/2015).

=> Licenziamento: quando è possibile con il nuovo articolo 18

Indennità sotto i 15 dipendenti

Sempre il comma 1 dell’articolo 9 del decreto sul nuovo contratto a tutele crescenti prevede un indennizzo più basso per le imprese sotto i 15 dipendenti in caso di licenziamento illegittimo. Il risarcimento in queste imprese non può mai superare le sei mensilità (è lo stesso tetto che era già previsto precedentemente per le imprese sotto i 15 dipendenti). All’interno di questo limite, l’indennità è pari a una mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di due mensilità, oppure a mezza per ogni anno di servizio con un minimo di una nei seguenti casi:

  • licenziamento illegittimo per violazione del requisito di motivazione (articolo 2, comma 2, legge 604 del 1966): se manca la comunicazione con i motivi che lo hanno determinato;
  • licenziamento illegittimo per mancato rispetto della procedura prevista dall’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori, sugli obblighi per l’azienda in caso di contestazioni disciplinari;
  • procedura di conciliazione prevista dall’articolo 6 del decreto attuativo del Jobs Act (offerta economica che, se accettata, comporta la rinuncia a impugnare il licenziamento).

=> Licenziamento e conciliazione: le novità del Jobs Act

Indennità e superamento 15 dipendenti

Se infine, con le nuove assunzioni effettuate dopo il 7 marzo l’azienda supera i 15 dipendenti, a tutti si applicano le indennità piene previste dal decreto: due mensilità per ogni anno di servizio (minimo di 4 e massimo 24) con i seguenti casi particolari:

  • una mensilità per ogni anno di servizio (minimo 2 e massimo 12) se il licenziamento è illegittimo per vizio di motivazione o mancato rispetto della procedura di cui all’articolo 7 legge 300/2970;
  • una mensilità per ogni mese di servizio (minimo 2 e massimo 18) in caso di conciliazione prevista dall’articolo 6.

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Quante mensilita posso chiedere per licenziamento?

In linea generale nelle aziende con meno di 15 dipendenti in caso di licenziamento illegittimo al lavoratore spetta un risarcimento del danno da 2 a 6 mensilità mentre nelle aziende con più di 15 dipendenti il risarcimento del danno può arrivare fino a 24/36 mesi.

Quando un'azienda non può licenziare?

colpa grave costituente giusta causa; cessazione dell'attività dell'azienda; ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine; esito negativo della prova.

Quando si può licenziare un dipendente a tempo indeterminato 2022?

La Legge di Bilancio 2022 non ha prorogato il blocco dei licenziamenti come avvenuto nel 2020 e 2021 ma, "al fine di salvaguardare il tessuto occupazionale e produttivo", ha difatto prorogato il blocco dei licenziamenti fino al 30 Aprile 2022, solo per le aziende che nel 2021 occupavano almeno 250 dipendenti, compresi ...

Cosa prevede la riforma del Jobs Act?

Il Jobs Act punta ad una maggiore equità sociale anche tramite l'universalizzazione degli strumenti di sostegno al reddito per chi è disoccupato. Nessuno deve rimanere escluso, per questo - al termine del rapporto di lavoro - l'accesso alla Nuova AspI (NASPI) è possibile anche a chi ha una storia contributiva breve.